>> DOMENICO TEMPIO

27-04-2021 23:56 -

Nasce a Catania il 22 Agosto del 1750 (città dove morirà il 4 febbraio 1821) da Giuseppe, mercante di legna, e da Apollonia Arcidiacono. Terzo di sette figli, era stato destinato al sacerdozio e, a tale scopo, entrò nel seminario arcivescovile, che era a quel tempo la più importante scuola della città. Ne usci all'età di 23 anni, nel 1773, e il padre, vista fallita la vocazione sacerdotale del figlio, avrebbe voluto avviarlo alla professione forense, ma anche questo tentativo falli, perché il giovane Domenico preferì proseguire nella strada degli studi umanistici.

Conosciuto come Micio o Miciu, versione dialettale del suo nome, è stato fra i maggiori poeti siciliani del suo tempo, a cavallo fra la fine del 1700 e gli inizi del 1800. Fu accolto nell’Accademia dei Palladi e nel salotto letterario del mecenate Ignazio Paternò principe di Biscari. Tante sono le leggende, storie e curiosità legate a questo personaggio.

Domenico Tempio rappresenta la “catanesità moderna“, tanto da essere definito uno dei cantori della città del tempo. Molto spesso, Micio Tempio è stato ingiustamente relegato entro un particolare ambito, quello della poesia erotica, licenziosa, benché fosse un accademico, un finissimo intellettuale, dallo spessore culturale molto alto. In Francia era conosciuto e amato perché traduceva direttamente dal greco al francese. La sua cultura affonda le radici nella classicità, tanto da essere un poeta dell’eros e satirico, come Saffo, Catullo, Ovidio, Marziale. Tempio fu apprezzato per la sua satira aspra, pungente, irriverente. Coi suoi versi denunciava le ingiustizie dei prepotenti sul popolo, l’immobilismo catanese, servendosi di un’ilarità amara e licenziosa. La sua poesia mirava a sferzare, a scuotere le coscienze e incitare all’azione, mostrando la sua diffidenza nei confronti del potere.

Micio Tempio è stato uno dei personaggi più amati dai catanesi. Le sue idee giacobine gli costarono caro, tanto che il suo mito, via via, andò scemando, subendo quasi una sorta di damnatio memoriae dopo la sua morte. Tempio è un vero e proprio poeta maudit. Fra le curiosità che riguardano la sua vita spiccano sicuramente il suo essere amante delle donne, presenti nella sua opera, ricordiamo i nomi di Nice, Clori e Tudda. Frequentò assiduamente bordelli e prostitute. Micio ebbe lutti e dolori, nonostante le sue doti, visse quasi sempre nella povertà, aiutato da amici e sostenitori e da un sussidio comunale.Si racconta che trascorresse ore e ore ai tavoli dell’osteria di Don Ramunnu a bere vino e allietare gli avventori coi suoi versi.

Dalle stampe, Domenico Tempio appare bruttarello, basso, magro. Prima di morire, si dice che andò da una prostituta, esprimendo la volontà di voler morire dove era nato. Dalla moglie Francesca Longo, morta di parto ebbe un figlio che morì poco dopo; successivamente, la sua compagna di vita fu la serva dell’osteria, Caterina, da cui ebbe il figlio Pasqualino. Una delle leggende metropolitane che ruotano attorno alla figura di Micio è legata ad uno dei palazzi storici del centro di Catania, Palazzo Bruca, nella centralissima via Vittorio Emanuele, al cui interno si trova una fontana con una particolare statua che raffigura il dio Nettuno. Si è tramandato che quello rappresentato non fosse il dio del mare bensì Micio, raffigurato per celebrare le sue doti sessuali molto spiccate. Si racconta infatti che Tempio fosse “superdotato” e si facesse pagare per soddisfare le voglie delle donne della “Catania bene”, trascurate dai mariti. Dunque, il dio sarebbe la personificazione del poeta che dice: ” cu stu c.. u mi fici n’palazzu“. Particolare anche la posizione delle dita che indicano da una parte il suo sesso, reso evidente dal fatto che manca il tridente, dall’altra, parte del palazzo stesso.Un’altra leggenda che riguarda Micio Tempio è legata ad un altro palazzo del centro storico, sempre in via Vittorio Emanuele, sito quasi a fianco della bellissima Chiesa di San Placido, vicino a palazzo Biscari e agli archi della Marina. Il palazzo in questione è Mazza di Villallegra, donato dal Principe di Biscari al suo poeta di corte. La costruzione dell’edificio avvenne tra XVIII e XIX secolo. La targa, apposta dal Rotary Club, recita: “in questa casa visse Micio Tempio che dello spirito erotico si nutriva per fare poesia. O viaggiatore, alza lo sguardo e sorridi a colui che questi simboli ai posteri lasciò“. Molti dissentono dal considerare questa come la casa di Tempio, vista l’incongruenza delle date. La penuria di fonti biografiche lascia il dubbio. L’unica certezza è quella che l’edificio presenti il “balcone più erotico” di tutta Catania per via delle sue sculture “osè” realizzate per volere di Micio, per beffarsi delle suore del Convento antistante, viste le sue posizioni schiettamente anticlericali, o che l’artista abbia reso un omaggio al poeta catanese e alla sua opera. Le sculture che abbelliscono il balcone sono di origine barocca. Si intravedono infatti gli elementi propri di questo stile. La peculiarità del balcone sta nel fatto che accanto ai caratteristici mascheroni, vi sono delle cariatidi che mimano un gesto che rimanda all’autoerotismo, motivo che si ripete nella figura maschile che sormonta l’arco del portale e si inserisce poco sotto il balcone. A rimarcare la sensualità delle figure anche i cavalli che affiancano le donne e si sopraelevano sulla figura maschile.

Come già detto, Domenico Tempio, è una delle figure più amate dai catanesi, nonostante sia stato nel tempo circoscritto all’ambito volgare, sessuale, provocatorio delle sue composizioni. Secondo alcune fonti non ufficiali, sembra che fu sepolto, con onori cittadini, presso la Chiesa di San Giovanni, in via Garibaldi, nei pressi di Santa Maria dell’Aiuto, distrutta dai bombardamenti del 1943. All’interno del Giardino Bellini, nel viale degli uomini illustri, a pochi passi dal bellissimo Chiostro della musica, si trova anche il suo busto marmoreo. Il Comune di Catania gli ha dedicato anche una via, lungo il porto.